|
Guida su fotocamere e
fotografia digitale |
|
Capitolo 1 - Le fotocamere
digitali
Capitolo 2 - Scattare con una fotocamera digitale
Capitolo 3 - Come fare fotografie migliori
|
Capitolo 1 - Le fotocamere
digitali |
|
Cosè una fotocamera digitale |
|
|
Reflex o compatta, da svariati megapixel e
con un valido zoom per gli scatti a distanza. E' una fotocamera
digitale, indispensabile compagno di viaggio per svago e, per
alcuni, anche per lavoro. Da un po' di tempo, è proprio
impossibile farne a meno... |
Se stiamo parlando di uno strumento di svago, fedele assistente di mille
avventure e irrinunciabile compagno di viaggio, ci stiamo sicuramente
riferendo a una macchina fotografica. Non si può andare in vacanza senza
di lei, non la si può lasciare a casa in occasione di un evento
importante: la memoria lentamente svanisce e solo un ricordo tangibile,
una fotografia ben fatta, può ridarci le emozioni vissute e rendere
eterno il ricordo di persone e situazioni. Insomma, tutti sanno cos'è
una macchina fotografica e, anche se in modo superficiale, tutti la
sanno usare: si carica il rullino, si inquadra il soggetto e click, il
gioco è fatto.
Ma da qualche anno alle fotocamere tradizionali, quelle che per
intenderci usano il rullino e si basano sullo sviluppo chimico della
foto, si sono affiancate quelle digitali, che dopo un breve periodo di
fisiologica diffidenza hanno acquisito sempre maggiore popolarità, al
punto da essere oggi quasi una scelta obbligata per il segmento
consumer, ma anche una buona proposta per i grandi appassionati e per il
mondo professionale.
In cosa differiscono i due tipi di macchine? Semplice: nonostante lo
scopo sia lo stesso, ovvero catturare immagini del mondo esterno, il
modo per raggiungerlo è molto diverso. Le macchine tradizionali
registrano su pellicola l'immagine che transita attraverso il gruppo
ottico e, tramite un processo di sviluppo chimico, ne determinano una
manifestazione tangibile su supporto cartaceo. Le fotocamere digitali
non hanno alcuna pellicola e catturano l'immagine digitalizzandola,
scomponendola cioè in una griglia di pixel: più in dettaglio, le
fotocamere digitali trasformano l'immagine reale, cioè quella che
proviene dall'esterno, in un fitto insieme di punti e assegnano a ognuno
di essi un colore, una tonalità specifica. Il risultato finale è la
somma di tutti i punti, ognuno dei quali occupa una specifica posizione
nello spazio: insomma, è la rappresentazione digitale dell'immagine
reale, ovvero una fotografia che si mostra sotto forma di file
informatico registrato nella memoria interna o removibile della
macchina. Per questo motivo la fotografia può essere agevolmente
trasferita dalla macchina a un qualunque computer, poi elaborata con un
programma di grafica e stampata su carta, dando un risultato in tutto e
per tutto analogo a quello della fotografia chimica.
Versatilità e convenienza sono sempre a favore della fotografia
digitale: l'immagine può essere scattata più e più volte senza spese
superflue - la memoria si registra e cancella migliaia di volte -, e in
più la fotografia può essere abilmente ritoccata e modificata prima di
andare in stampa. Se qualcuno degli scatti è visibilmente sfocato e
difficilmente correggibile con gli strumenti di fotoritocco, basta non
stamparlo per non spendere nulla, visto che lo sviluppo semplicemente
non c'è...
Nonostante due modalità molto diverse di creazione dell'immagine, la
struttura portante della macchina fotografica è identica per entrambe le
categorie: il gruppo ottico, larga parte delle funzioni, l'autofocus,
macro, esposizione, reflex ecc, tanti concetti e strumenti che si
applicano alla fotografia e alle fotocamere in generale, a prescindere
dalla loro natura chimica o digitale. Gli appassionati di vecchia data
non si devono quindi preoccupare: tutti i concetti e le abilità apprese
con la macchina classica (ad eccezione dell'inserimento e caricamento
del rullino) potranno essere utilizzate efficacemente anche con la nuova
fotocamera digitale, che in più assicura una versatilità e un risparmio
fino a ieri sconosciuti. E poi c'è un discorso di qualità: mentre
all'inizio i risultati migliori si ottenevano con le fotografie
tradizionali, oggi le differenze si sono ridotte moltissimo anche sotto
questo profilo, fino a risultare nulle in molti casi. Senza contare che
i prezzi delle migliori macchine iniziano a essere alla portata di
tutti: con alcune reflex da 6 Megapixel a poco più di 1.000 Euro, chi la
ferma più la fotografia digitale?
|
Il CCD, cuore pulsante della
nuova fotografia |
|
|
All'interno di una fotocamera digitale, il
CCD è l'equivalente della pellicola, cuore pulsante del sistema
di cattura e responsabile di larga parte della qualità (e del
prezzo) della macchina. 3 Megapixel sono lo standard odierno.
Nell'immagine, un CCD standard e il Super CCD della Fujifilm,
una variante dalle performance di rilievo. |
Il CCD (Charged Coupled Device) è il cuore della fotocamera digitale, il
sensore posto subito dopo il gruppo ottico e responsabile della cattura
delle immagini provenienti dall'esterno. Per raggiungere lo scopo, il
CCD è composto da milioni di fotodiodi, ognuno dei quali corrisponde a
un pixel dell'immagine finale: ovviamente dalla qualità del CCD e dalla
quantità di fotodiodi dipende larga parte del risultato finale, quanto
meno come quantità di informazioni che si traducono in dettagli
visibili. Insomma, a seconda del numero di fotodiodi (ovvero, pixel)
cambia la risoluzione della foto.
La quantità di pixel del CCD si misura in MegaPixel, ovvero milioni di
pixel, un dato che condiziona la qualità della macchina e
conseguentemente il suo prezzo. Le attuali fotocamere spaziano da 2 a
più di 10 MegaPixel, ponendo i 3 milioni di pixel (più precisamente, di
solito si tratta di 3.2 milioni) come punto di partenza per utenti alle
prime armi. 5 e 6 Megapixel sono il livello medio cui solitamente si
posizionano gli appassionati e i professionisti. Per rendere l'idea, una
fotocamera digitale da 2 Megapixel scatta immagini con risoluzione
massima (reale) di 1.600 x 1.200 punti (il prodotto dà appunto 2 milioni
di pixel), mentre una da 5 Megapixel raggiunge i 2.560 x 1.920 punti,
con un livello di dettaglio molto superiore. Alcune macchine permettono
poi di scattare anche a risoluzioni superiori rispetto a quella reale
del CCD, ma in questo caso ciò che fanno è un semplice procedimento di
interpolazione (in pratica ingrandiscono l'immagine per via digitale)
che non porta ad alcun significativo miglioramento nella qualità e nel
livello di dettaglio dell'immagine. Ciò che conta, sempre e comunque, è
la risoluzione reale della macchina, ovvero quella effettiva che
corrisponde al numero di fotodiodi del suo CCD.
|
Supporti e memoria, guai a
restarne senza |
|
|
Per registrare le fotografie scattate si
usano diversi supporti di memoria, a seconda del tipo supportato
dalla fotocamera che si usa. I più popolari sono Memory Stick,
SD Card, Compact Flash, Smart Media, MultiMediaCard e xD Memory
Card. In alternativa si può usare anche un Hard Disk
miniaturizzato. |
Visto che la pellicola non c'è, l'immagine digitale deve per forza
trovare un altro supporto su cui essere registrata. Inizialmente i
produttori dotavano le proprie macchine di un certo quantitativo di
memoria Flash interna, scelta che si è presto rivelata insufficiente a
contenere le molte fotografie che gli appassionati volevano scattare.
Bisogna infatti considerare che l'immagine digitale pesa in modo
direttamente proporzionale alla quantità di pixel di cui è composta, per
cui l'aumento di risoluzione delle fotocamere (prima 1.2 Mpixel, poi 2,
3 e oggi fino a 10 Mpixel e oltre) avrebbe imposto un aumento più che
consistente della memoria interna. Ma visto che i produttori non
potevano sapere che uso l'utente avrebbe fatto della fotocamera, se
avrebbe scattato tante foto al giorno o si sarebbe limitato ad essere un
utente occasionale, l'unica soluzione percorribile era quella delle
memorie removibili, prima i Floppy (1.44 MB, troppo poco), poi supporti
ad hoc che potessero ospitare anche centinaia e centinaia di foto. Oggi
i formati di carta di memoria più diffusi sono: Memory Stick, SD Card,
MultiMediaCard, Smart Media Card, Compact Flash e xD Memory Card. La
capienza massima attualmente possibile è di 4 GB, che corrispondono a
centinaia di foto (compresse) anche se scattate alla massima risoluzione
possibile. Da segnalare, poi, che alcune macchine permettono di
registrare le istantanee anche su Hard Disk miniaturizzati, come il
Micro Drive di IBM (nell'immagine).
|
Obiettivi, a focale fissa o
zoom? |
|
|
Se si esaminano attentamente le scritte
dell'obiettivo si possono trovare alcune indicazioni molto
importanti, come la distanza focale (in questo caso 7-21 mm) e
la luminosità dell'ottica (1:2.0-2.5). Da non dimenticare che
larga parte della qualità del risultato finale dipende dalla
bontà del gruppo ottico. |
Parlando di obiettivo, ovvero di una delle parti più importanti della
fotocamera, si deve premettere l'importante bipartizione tra obiettivi a
focale fissa e zoom. La lunghezza focale, rappresentata da un numero in
millimetri che generalmente è posto sull'obiettivo, è la distanza che
separa il centro dell'obiettivo dal CCD: minore è la distanza focale,
maggiore è il campo che viene inquadrato. Se la macchina riporta un solo
valore di distanza focale (ad esempio f=20mm), ciò significa che non
consente alcuna escursione nel campo inquadrato, è cioè a focale fissa e
non ha alcuno zoom. Al contrario, le macchine dotate di zoom ottico (la
stragrande maggioranza) riportano proprio l'escursione focale
sull'obiettivo (come f=7-20mm) e permettono di inquadrare anche soggetti
posti a una certa distanza, nonostante ciò comporti un'avvertibile e
fisiologica riduzione del campo inquadrato. Il grosso vantaggio delle
ottiche zoom è quello di supportare diverse lunghezze focali senza
richiedere la sostituzione dell'obiettivo volta per volta, un grosso
vantaggio soprattutto per il fotografo non professionista o grande
appassionato.
Da notare, infine, che in questo specifico ambito non c'è perfetta
corrispondenza tra macchine digitali e chimiche: la pellicola è
generalmente più grande di un CCD, per cui lo stesso angolo
d'inquadratura richiede distanze focali diverse. Più in dettaglio, una
macchina digitale richiede, a parità di angolo d'inquadratura, una
distanza focale inferiore rispetto a una fotocamera tradizionale. Da ciò
deriva l'abitudine di indicare, soprattutto nei modelli più evoluti
(quelli professionali), non solo la lunghezza focale effettiva, quella
reale, ma anche quella equivalente di una macchina tradizionale. Chi ha
usato per anni e anni una fotocamera chimica deriva da ciò un grosso
vantaggio.
|
Diaframma e otturatore alla
base di tutto |
|
|
Il diaframma è un componente essenziale di
ogni fotocamera. Composto da lamelle che si aprono e chiudono
progressivamente, esso determina un procedimento ottico che
influisce sulla nitidezza dell'immagine scattata, da cui deriva
la profondità di campo. |
Diaframma e otturatore sono due componenti essenziali e presenti in ogni
fotocamera, sia essa di natura chimica o digitale. Il diaframma è un
componente interno dell'obiettivo ed è direttamente responsabile della
nitidezza davanti e dietro il soggetto, ovvero di quella che si
definisce profondità di campo. Il suo ruolo è quindi assolutamente
centrale: nonostante esistano programmi automatici che permettono
all'utente di disinteressarsi del diaframma, in alcune situazioni
(soprattutto quando si vogliono ottenere risultati artistici) potrebbe
essere utile discostarsi, sebbene di poco, dalla situazione ottimale. Il
diaframma è composto da diverse lamelle, la cui rotazione determina un
restringimento progressivo del diametro dell'obiettivo e determina una
maggiore nitidezza complessiva. D'altro canto non è nulla di
fantascientifico, ma un semplice fenomeno ottico che si verifica anche
nell'occhio umano, e che se viene usato correttamente può determinare
scatti di grandissima qualità.
L'otturatore è invece quel piccolo meccanismo che determina il tempo di
esposizione del sensore CCD alla luce, sia essa naturale o artificiale.
La durata di questo fenomeno, ovvero l'apertura e chiusura, cosa
importantissima poichè da essa dipende la qualità del risultato finale e
soprattutto la sua luminosità. I primi otturatori erano rigorosamente
meccanici, oggi pur trattandosi ancora di lamelle che si aprono e si
chiudono con grande rapidità, e quindi di un meccanismo fisico sono
tutti controllati elettronicamente e si azionano contestualmente alla
pressione del pulsante di scatto. Gli otturatori sono di due tipi:
centrale a lamelle, posto cioè al centro dell'obiettivo e formato da
lamelle disposte circolarmente (che si aprono e chiudono allo scatto), e
a tendina, posto subito sopra il CCD e composto da una piccola barriera
di lamelle rettangolari che salgono e scendono molto rapidamente per far
transitare la luce al momento dello scatto.
|
|
L'otturatore è un altro componente
indispensabile. La rapidissima apertura e chiusura
dell'otturatore determina il tempo di esposizione del CCD alla
luce, fenomeno da cui dipende direttamente la luminosità della
foto (con possibili sotto/sovraesposizioni). |
|
Autofocus, per la massima
comodità |
|
|
Una manna dal cielo per i principianti:
l'autofocus permette una messa a fuoco perfetta con la semplice
pressione di un tasto. Nell'immagine, un esempio di corretto
utilizzo di questa funzione. |
Il nome dice tutto: visto che mettere perfettamente a fuoco un soggetto
non sempre è un'operazione semplice, quasi tutte le macchine
fotografiche digitali incorporano sofisticate tecnologie di messa a
fuoco automatica. Ovviamente sui modelli professionali l'autofocus è
disattivabile e si può procedere a una completa messa a punto manuale,
regolandola tramite rotazione della ghiera. Ma per chi inizia e vuole
una macchina compatta, l'autofocus è una manna dal cielo. Ne esistono
due tipi: passivo, ovvero che agisce sulla base di una valutazione della
luce che penetra nell'obiettivo, e attivo, che emette uno o più fasci
luminosi (o infrarossi) per illuminare il soggetto e registrarne la
distanza, procedendo poi alla messa a fuoco sulla base dei dati
ottenuti. Quest'ultimo è il metodo più preciso e frequentemente
utilizzato, poichè permette di ottenere risultati apprezzabili anche in
condizioni di scarsa luminosità, laddove il metodo passivo non è
convincente. Oggi, le tecnologie di autofocus sono molto sofisticate e
permettono di ottenere brillanti risultati in ogni condizione: al fine
di evitare che il soggetto si debba per forza trovare in posizione
centrale, i più recenti sistemi autofocus emettono diversi fasci
luminosi ed effettuano così una lettura molto più precisa e accurata.
Nonostante le tecnologie autofocus siano ovviamente limitate, il
progresso nel campo ha fatto sì che anche i professionisti si affidino
sempre più frequentemente a questo automatismo, salvo poi disabilitarlo
per gli scatti più estrosi ed artistici.
|
Mirino galileiano o reflex,
ottico o digitale? |
|
|
La maggioranza delle fotocamere digitali usa
un mirino di tipo galileiano, leggermente disassato rispetto
all'obiettivo. Per questo motivo negli scatti ravvicinati è
preferibile inquadrare tramite il monitor LCD. |
Il mirino è il centro di controllo dell'intera fotocamera: il suo scopo
principale è quello di permettere una corretta inquadratura, ma al suo
interno il fotografo legge anche indicazioni importanti sulla messa a
fuoco, sull'esposizione e sulla modalità di scatto, tante informazioni
che gli permettono di realizzare una fotografia perfetta sotto ogni
punto di vista.
Nonostante lo scopo sia lo stesso, i mirini non sono tutti uguali: la
bipartizione più importante è tra ottici ed elettronici, ma la prima
categoria si suddivide ulteriormente in ottiche di tipo galileiano e
reflex. La prima distinzione è intuitiva: gli obiettivi ottici formano
l'immagine tramite più o meno complessi giochi di lenti e specchi,
mentre gli altri si affidano esclusivamente a circuiti elettronici.
Tutte (o quasi) le fotocamere hanno un mirino ottico, mirino che ha il
grosso vantaggio di essere preciso e non consumare energia: quello di
tipo galileiano è il più semplice, non per niente è usato dalla
maggioranza delle fotocamere in commercio, e inquadra ciò che gli sta di
fronte, senza alcuna relazione - se non la vicinanza - con ciò che viene
realmente inquadrato dall'obiettivo. La conseguenza è il cosiddetto
errore di parallasse, consistente in una visibile differenza tra ciò che
viene inquadrato dal mirino e ciò che viene effettivamente ripreso,
soprattutto se lo scatto avviene a breve distanza. Tutte le macchine
compatte ed economiche hanno un mirino di questo genere: al di sopra ci
sono quelli di tipo reflex, anch'essi della categoria ottica ma molto
più complessi. Attraverso un sofisticato gioco di lenti e specchi, essi
riescono a inquadrare esattamente ciò che verrà ripreso, come se
vedessero con gli occhi dell'obiettivo. Ovviamente la precisione è di
molto superiore, e non ci si stupisce che quasi tutti i modelli
professionali facciano parte di questa categoria.
Poi, ci sono i mirini elettronici, che hanno il grosso vantaggio di
inquadrare ciò che vede l'obiettivo senza alcun errore di parallasse, ma
anche lo svantaggio di consumare parecchia energia: non per niente si
consiglia di spegnerli quando si usa il mirino ottico. Ce ne sono di due
tipi: CRT, ovvero basati su tecnologia a tubo catodico in miniatura,
generalmente in bianco e nero e scarsamente utilizzati sulle fotocamere
(lo sono molto di più sulle videocamere) e a cristalli liquidi (LCD),
sottilissimi, a colori e sufficientemente ampi da permettere il completo
controllo della macchina oltre che un'inquadratura affidabile.
Attenzione al consumo della batteria, però.
|
Batteria e autonomia, due cose
da non sottovalutare |
|
|
La fotocamera consuma energia, ma con una
serie di utili accorgimenti si può prolungare la vita della
batteria per molto, molto tempo. Ovviamente si devono preferire
batterie di tipo ricaricabile. |
Come tutti gli apparecchi elettronici, anche le fotocamere hanno bisogno
di una fonte di energia, di una batteria, per funzionare correttamente.
Sotto questo profilo ci sono innumerevoli differenze tra una macchina e
l'altra: alcune usano pile alcaline, il cui punto di forza è la
diffusione e lo svantaggio il prezzo, altre usano quelle ricaricabili di
tipo stilo, piuttosto costose alla fonte ma col grosso vantaggio di
poter essere utilizzate innumerevoli volte, altre ancora sfruttano
batterie dal design proprietario, che non si trovano in commercio e
necessitano di un alimentatore proprio per la ricarica. Quest'ultimo è
il caso più frequente per le macchine reflex prosumer e professionali,
che assicurano buoni margini di autonomia operativa ma obbligano il
fotografo a portarsi dietro l'alimentatore. Per le compatte la soluzione
migliore è ovviamente quella delle pile stilo ricaricabili, reperibili
ovunque e dall'autonomia più che proporzionata all'utilizzo medio del
prodotto. Parlando sempre di autonomia ci sono ovviamente delle grosse
differenze tra una macchina e l'altra, ma più di ogni altra cosa conta
l'uso che se ne fa: innanzi tutto è utile spegnere la macchina se tra
uno scatto e l'altro intercorre un po' di tempo (alcune macchine lo
fanno autonomamente), ma inoltre si consiglia di usare il flash solo
quando è necessario e di abilitare il mirino LCD solo se si ha la ferma
intenzione di usarlo. Tra tutti i componenti e le operazioni possibili,
è proprio il monitor LCD quello a consumare più energia. Si consiglia
comunque di acquistare una batteria di ricambio e un caricabatterie
portatile, magari un piccolo accumulatore da portare in cintura,
indispensabile compagno di lavoro per i professionisti che sottopongono
le loro macchine a ore e ore di lavoro intensivo.
|
Gli accessori, indispensabili
compagni di viaggio |
|
|
Prima di partire per le vacanze, accertatevi
di avere tutti gli accessori indispensabili. Tra questi, un
comodo Hard Disk portatile con ingresso per tutte le più comuni
carte di memoria, ideale per il backup della Card una volta
piena. |
Non si può partire per le vacanze senza una bella fotocamera, ma è
decisamente meglio avere con sè anche tutti gli accessori che ne
facilitano il funzionamento. Per prima cosa una bella custodia
imbottita, che attutisca i possibili urti e contenga diverse tasche per
ogni genere di accessorio ulteriore. Poi si consiglia di acquistare
delle batterie di riserva e una carta di memoria aggiuntiva, alla quale
si può però fare a meno acquistando una piccola macchina di backup con
Hard Disk incorporato (come quella della foto). Questa, un piccolo box
leggero e facilmente trasportabile, accetta in ingresso diversi tipi di
carta di memoria e gestisce il trasferimento delle immagini dalla Card
all'Hard Disk, con conseguente archiviazione delle immagini. Poi, la
carta può essere cancellata e riutilizzata, certi di non aver perso
nulla. Altri accessori da valutare con cura sono gli obiettivi
aggiuntivi, in questo caso però un'esclusiva di professionisti e grandi
appassionati (le macchine compatte non permettono la sostituzione
manuale dell'ottica), ma anche eventuali custodie subacquee (le
fotografie in mare sono sempre molto affascinanti) e cavalletti, questi
ultimi, però, rigorosamente portatili.
|
|
Quanto sarebbe bello immergere la macchina
fotografica in acqua per riprendere le profondità marine...
Bene, da oggi è possibile, basta acquistare l'apposita custodia
subacquea per trasformare la fotocamera in un sofisticato
oggetto elettronico "a prova d'immersione. |
|
Capitolo 2 - Scattare con una
fotocamera digitale |
|
Fotografia digitale, anche per
principianti |
|
|
Non importa che si tratti di una compatta o
una reflex, tutte le fotocamere digitali offrono agli utenti
diverse facilitazioni per ottenere un'immagine perfetta. La
funzione di automatismo totale di esposizione ne è un esempio
evidente... |
La fotografia digitale ha molti vantaggi rispetto a quella chimica e uno
dei più corposi è di essere veramente alla portata di tutti, anche di
chi è totalmente digiuno di tecnica fotografica. E in più, una volta
comprata la fotocamera e una carta di memoria, costa davvero pochissimo:
ai principianti piace molto poter sbagliare gli scatti senza necessità
di sprecare soldi in sviluppo e stampa. D'altro canto non si può
pretendere che tutti seguano un corso di fotografia prima di fare un
acquisto, per cui le macchine moderne soprattutto quelle compatte -
mettono a disposizione dell'utente numerosi automatismi di scatto. Le
fotocamere portatili hanno di solito una funzione di automatismo totale,
che i vari produttori chiamano in modo diverso ma che alla fine
differisce solo sotto il profilo terminologico. Con la funzione di
automatismo totale attivata, il fotografo principiante si deve
preoccupare solo ed esclusivamente dell'inquadratura, senza curarsi
della sensibilità del sensore, del Flash (la macchina lo accende
automaticamente in condizioni di bassa luminosità), dell'esposizione,
della messa a fuoco e dell'impostazione di tempi e diaframmi. Le uniche
opzioni che la macchina rimette alla discrezionalità del fotografo anche
in modalità automatica sono la risoluzione di cattura (non si dimentichi
che tutte le macchine supportano diverse modalità, non solo quella che
sfrutta tutta la risoluzione del CCD) e la qualità di scatto, intesa
come quantità di compressione applicata. La funzione di automatismo
totale usa il Program per la regolazione di tempi e diaframmi, ma va
oltre impostando autonomamente anche il flash e la sensibilità del CCD.
Insomma, una funzionalità ideale e indispensabile per gli utenti meno
esperti, ma con un importante limite: non sempre le macchine compatte
permettono il passaggio alla modalità manuale per tutti i parametri di
scatto, e questo può infastidire il fotografo esperto. Ma d'altro canto
è molto difficile che quest'ultimo, sia esso un grande appassionato o un
professionista, si accontenti di una fotocamera compatta, preferendo
solitamente modelli reflex più complessi ed evoluti, che ovviamente
permettano un completo controllo manuale di tutti i parametri di scatto.
|
Program, elettronica al
servizio della semplicità |
Quando si parla di automatismi nelle fotocamere
digitali compatte, si parla del Program. Questo è il sistema con cui la
macchina regola in totale autonomia i parametri più importanti per una
buona riuscita dello scatto, ovvero l'apertura del diaframma e il tempo
di posa. Il Program è il modo di esposizione standard delle fotocamere
digitali, un sistema completamente elettronico: la macchina considera
accuratamente le condizioni in cui avviene lo scatto (i dati vengono
forniti dall'esposimetro) e si regola di conseguenza, cercando di
ottenere valori di tempo di posa e diaframma che garantiscano sempre
un'esposizione corretta. Il costante sviluppo tecnologico ha fatto sì
che gli automatismi delle fotocamere assicurino scatti correttamente
esposti per un valore prossimo al 100% dei casi. Per andare più nel
dettaglio, bisogna dire che il Program lavora sulla base delle
caratteristiche concrete della macchina: la focale, il flash, la
sensibilità e altro ancora. Se le condizioni di luce sono scarse, la
macchina aumenta il tempo di posa e l'apertura del diaframma fino a un
punto limite in cui, per scongiurare il rischio di foto mosse, mantiene
stabile il tempo di posa e riduce un po' la profondità di campo.
Ovviamente in caso di luce molto forte, la situazione è l'esatto
inverso: la macchina riduce i tempi di posa e chiude poco per volta il
diaframma, fino ad un punto in cui l'eccessiva luce impedisce
un'esposizione corretta. Ma questo viene prontamente segnalato dalla
macchina all'utente, onde evitare spiacevoli sorprese.
|
Automatismo a priorità di
tempi e di diaframma |
|
|
Usando la modalità automatica a priorità di
tempi è possibile impostare manualmente i tempi dell'otturatore,
lasciando alla macchina la regolazione del diaframma. Nel caso
in figura, si è scelto un tempo molto rapido per fermare il
movimento. Il risultato è brillante. |
Le modalità automatiche a priorità di tempi e di diaframma consentono al
fotografo di avere un controllo maggiore sulle impostazioni di scatto,
lavorando in una sorta di modalità semi automatica. Utilizzare una
modalità automatica a priorità di tempi fa sì che il fotografo possa
intervenire sulla scala dei tempi dell'otturatore, lasciando alla
macchina la regolazione dell'apertura del diaframma. Il computer della
macchina regola quest'ultimo parametro sulla base dell'impostazione
manuale del primo: il diaframma viene aperto per tempi brevi e
progressivamente chiuso per tempi più lunghi. Si tratta della scelta
ideale per fotografare soggetti in movimento, visto che in questo modo è
molto difficile che risultino mossi, ma sempre se lilluminazione è
sufficiente.
L'altra modalità, speculare alla prima, è l'automatismo a priorità di
diaframma, tramite il quale l'utente regola a mano l'apertura del
diaframma e lascia alla fotocamera il compito di valutare il migliore
tempo di posa. Anche in questo caso l'impostazione automatica della
macchina è ovviamente una conseguenza della scelta del fotografo. Questa
modalità è inadatta allo scatto di soggetti in movimento, che
risulterebbero irrimediabilmente mossi, ma viene spesso usato per
immortalare soggetti statici come paesaggi e ritratti.
|
|
La modalità automatica a priorità di
diaframma permette all'utente di regolare l'apertura di
quest'ultimo, lasciando alla macchina la scelta del tempo di
esposizione. Nell'immagine si è scelto un diaframma molto chiuso
per avere ottima profondità di campo. Si notino i dettagli in
primo piano e sugli sfondi: sono tutti perfettamente a fuoco. |
|
Esposizione manuale, anche una
questione di costo |
|
|
Chi ha detto che in una fotocamera digitale
deve essere tutto sempre automatico? Le macchine più evolute
permettono un controllo manuale di tutti i più importanti
parametri di scatto. Certo, è più difficile, ma il risultato
vale la fatica... |
Qui la differenza tra una macchina tradizionale e una digitale è enorme.
Non dal punto di vista tecnico, anzi qui non c'è alcuna differenza,
bensì per quanto riguarda i costi. Certo, perchè lasciare la massima
libertà all'utente nella scelta del tempo di posa e dell'apertura del
diaframma significa incrementare enormemente la possibilità di errore,
che in una macchina chimica equivale comunque ad una spesa. Lo stesso
non accade, fortunatamente, in una macchina digitale: se si sbaglia si
cancella e ci si riprova fino a ottenere il risultato voluto. La
modalità di esposizione manuale è quella più attraente per il fotografo
professionista ma anche quella evitata accuratamente dal principiante,
che preferisce ottenere tutto e subito con un programma automatico. Da
notare che comunque la macchina interviene costantemente, ma solo a
titolo informativo: ci sono i valori suggeriti dall'esposimetro, ma
all'utente è data facoltà di disinteressarsene effettuando regolazioni
che non ne tengano conto. Solitamente quando l'utente si discosta in
modo marcato dal valore suggerito, la macchina lo avvisa con una spia
lampeggiante, ma il fatto di seguire o meno le indicazioni fornite
rimane sempre una facoltà e non un obbligo. Infine, da segnalare che la
modalità manuale è ovviamente obbligata quando si intende usare un flash
esterno.
|
Programmi dedicati, per tutti
i gusti |
|
|
Se in questo caso non si fosse usato il
programma panorama sarebbe stato tutto molto più difficile.
Così, basta un'impostazione corretta, uno scatto e la bontà del
risultato è sotto gli occhi di tutti. |
Altra importante caratteristica che accomuna la stragrande maggioranza
delle fotocamere digitali in commercio è la disponibilità di alcuni
Programmi dedicati che il fotografo usa in certe e specifiche condizioni
di ripresa. Per intenderci, quelle modalità ben note agli utenti che
vanno sotto i nomi di Ritratto, Sport, Macro ecc, sono tutti programmi
dedicati. Il loro funzionamento è piuttosto semplice: ci sono alcune
specifiche situazioni in cui il Program potrebbe determinare immagini
non allineate con i desideri del fotografo. D'altro canto in questi casi
non è possibile imporre una modifica manuale dei tempi di posa e
dell'apertura del diaframma, poichè la stragrande maggioranza degli
utenti non avrebbe le conoscenze adeguate per poterlo eseguire con
successo. Allora i produttori hanno escogitato e messo subito in pratica
lo stratagemma dei programmi dedicati, che variano leggermente gli
schemi di funzionamento del program generico per adattarsi a specifiche
condizioni di scatto. Tra i molti programmi disponibili c'è sicuramente
il macro, che sfrutta la massima chiusura possibile del diaframma,
oppure quello per i ritratti (portrait), che cerca di mantenere sempre a
fuoco il soggetto in primo piano sfocando lo sfondo, oppure ancora
quello per le riprese sportive, che si basa su tempi di posa molto brevi
al fine di evitare sfocature sui soggetti in primo piano. Da notare,
infine, che i programmi dedicati possono agire per via digitale - anche
sulla nitidezza dell'immagine: un ritratto dovrà avere un tratto
piuttosto morbido, mentre una fotografia estremamente ravvicinata sarà
molto migliore se avrà tutti i dettagli in bella evidenza. In
quest'ultimo caso, l'applicazione di una maschera di contrasto potrà
favorire il raggiungimento del risultato.
|
Bilanciamento del bianco e
temperatura colore |
|
|
Il bilanciamento del bianco è un'operazione
possibile solo con le fotocamere digitali e permette di
bilanciare le componenti cromatiche della luce, al fine di
eliminare dominanti indesiderate. Le due immagini sono esempi
eloquenti. |
Ecco un'operazione possibile solo con le fotocamere digitali: il
bilanciamento del bianco. La necessità di bilanciare il bianco trae
origine dal fatto che molto spesso la luce contiene una forte carica
cromatica che inevitabilmente viene a condizionare la resa delle
fotografie. Ciò è vero soprattutto se si scatta in condizioni di luce
artificiale: le lampadine normali hanno una forte dominante gialla, che
magari siamo abituati a trascurare, ma quando ciò si tramuta in una
fotografia, la patina giallastra che ne risulta è tale da renderle
ingiustamente vissute. Con una macchina chimica non c'è nulla di
immediato da fare, visto che queste non sono in grado di eliminare la
dominante durante la fase di scatto: c'è bisogno di una pellicola
particolare o di una filtratura per eliminare il difetto.
Le macchine fotografiche digitali sono decisamente più evolute e
possiedono una funzione di bilanciamento automatico del bianco che serve
proprio ad eliminare le dominanti di colore della luce. Se il sistema di
bilanciamento è fisso, esso è generalmente impostato su una temperatura
di colore di 5500 K, ovvero un valore standard per la luce media
(naturale) del giorno. Se le condizioni concrete in cui avviene lo
scatto determinano uno scarto nella temperatura cromatica, la dominante
sarà visibile nella foto: per questo motivo è consigliabile usare un
bilanciamento fisso solo quando si scatta in condizioni di luce naturale
abbastanza intensa, durante le ore centrali della giornata. Negli altri
casi, un bilanciamento automatico del bianco è preferibile: la macchina
esamina i valori della luce che colpiscono il CCD, eliminandone le
componenti cromatiche che si discostano (al di sopra o al di sotto) dai
5500 K. Ovviamente molti modelli di fotocamere avanzate permettono anche
la possibilità di bilanciare il bianco manualmente.
|
Ripresa in sequenza, tasselli
di un mosaico |
|
|
Operazione molto amata dai fotografi
professionisti, la ripresa in sequenza è ideale per chi vuole
cogliere l'attimo riducendo al minimo la possibilità di errore.
Attenzione alla memoria buffer... |
Scattare immagini in sequenza è un'operazione utile in svariate
occasioni, soprattutto quando si vuole immortalare l'attimo cogliendo il
momento più importante di una scena in movimento. Operazione importante
al punto tale che la stragrande maggioranza della fotocamere chimiche la
incorpora, e ora anche le digitali. D'altro canto, una macchina digitale
ha più ostacoli che la frappongono da una buona ripresa in sequenza: il
peso delle immagini (soprattutto se scattate a piena risoluzione del
CCD) e, soprattutto, la rapidità di trasferimento dei dati dal CCD alla
carta di memoria. Quest'ultimo è il vero e proprio collo di bottiglia:
nonostante un aumento considerevole nelle prestazioni, le carte di
memoria odierne non possono essere rapide come una memoria Flash
integrata. Come fare per risolvere la questione? Semplice: usare una
memoria tampone (buffer) velocissima nella quale registrare
temporaneamente le immagini scattate, da trasferire in un secondo
momento nella carta di memoria. La rapidità, e soprattutto la dimensione
della memoria buffer, sono quindi i fattori determinanti per una buona
ripresa in sequenza, soprattutto se a piena risoluzione. Visto che le
immagini pesano in maniera direttamente proporzionale alla risoluzione,
è sempre possibile ridurla per aumentare le prestazioni (velocità) della
macchina negli scatti sequenziali, ferma restando la necessità di una
memoria buffer più ampia possibile. La capacità della Carta di memoria
non è più un problema, quanto meno se si opta per un modello recente, da
256 MB fino a 4 GB di capienza.
|
Più o meno esposti: il
bracketing |
|
|
Il bracketing consiste in scattare una serie
di immagini di un soggetto statico variando l'esposizione. Come
si può notare le immagini sono, da sinistra verso destra,
sovraesposta, normale e sottoesposta. |
Dietro un termine tecnico come bracketing si nasconde un concetto tutto
sommato semplice: un serie di immagini (generalmente sul medesimo
soggetto) scattate modificando i valori di esposizione da una all'altra.
Il bracketing presuppone quindi uno scatto ai valori di esposizione
suggeriti dalla macchina affiancato da fotografie sotto e sovraesposte,
al fine di ottenere almeno un'immagine apprezzabile nonostante le
difficoltà nelle condizioni di scatto. Il bracketing viene generalmente
realizzato per via manuale, ma alcuni modelli particolarmente evoluti
permettono di realizzarlo anche in modo del tutto automatico e
trasparente per il fotografo, come se fosse una normale sequenza di
fotogrammi. Quando si usa l'automatismo, al fotografo è data facoltà di
scegliere lo scarto di esposizione tra i vari scatti.
|
Macro, per non perdere neanche
un dettaglio |
|
|
Quando si vuole fotografare un soggetto
estremamente vicino (fino a pochi centimetri), la funzione macro
è un preciso obbligo. Attenzione a non muovere la macchina,
però... |
Non c'è bisogno di molta esperienza fotografica per sapere cosa è la
funzione macro, ma ce ne vuole di più per realizzare scatti precisi e di
buona qualità con tale funzione attivata. La Macro identifica la
possibilità della fotocamera di scattare da distanza notevolmente
ravvicinata, in alcuni casi fino a una manciata di centimetri, perdendo
conseguentemente la possibilità di inquadrare soggetti distanti. La
macro si esegue, nelle fotocamere in cui ciò è possibile (le macchine
entry level non lo supportano), per via ottica, ovvero mediante un
millimetrico spostamento delle lenti interne che rende l'obiettivo
inadatto a inquadrare soggetti distanti. Nonostante sembri semplice,
realizzare scatti di qualità in macro non è facilissimo: innanzi tutto
la profondità di campo è estremamente limitata, e questo rende ben più
visibili (e talvolta fastidiose) le conseguenze di qualche movimento
involontario durante lo scatto, ma bisogna anche dire che il diaframma
praticamente chiuso comporta consistenti tempi di posa, con ulteriore
aumento del rischio di foto mosse e poco attraenti. Inoltre, se si usa
una macchina compatta bisogna ricordarsi di inquadrare il soggetto con
il display LCD e non con il mirino ottico: trattandosi di una macchina
non reflex, l'errore di parallasse da distanza ravvicinata può
letteralmente rovinare lo scatto. Quindi, o reflex o monitor LCD, a voi
la scelta...
|
Panorama, il fascino
dell'orizzonte |
|
|
Per immortalare il fascino dell'orizzonte,
la funzione panorama è ideale. Senza contare che l'immagine che
ne deriva pesa sensibilmente di meno di una foto completa: cosa
volere di più? |
Guardando un suggestivo panorama, chi non ha avuto l'istinto di
realizzare una foto lunga e stretta, come quelle cartoline fuori
standard che raffigurano la linea dell'orizzonte di una catena montuosa?
Nonostante la fotografia digitale abbia dimensioni fisse (1.600 x 1.200,
2.560 x 1.920) e ben lontane dal concetto di orizzonte, la funzione
Panorama ci viene incontro. Essa permette di realizzare immagini
lunghissime e strette, oppure alte e basse a seconda delle specifiche
esigenze (basta ruotare la macchina per ottenere il risultato
secondario). Mentre nella fotografia chimica ciò si otteneva mediante
una sorta di mascheramento della pellicola, nel mondo digitale il
risultato è veramente dietro l'angolo: per ottenere foto lunghe e basse
(o alte e strette a seconda delle necessità), basta semplicemente non
registrare nulla nell'area bassa e in quella alta del CCD, registrando
solo una striscia al centro. Insomma, le immagini scattate in modalità
panorama sfruttano solo una parte del sensore, rigorosamente in senso
orizzontale e al centro.
Il fatto di usare una sola parte del sensore non è mai un buon indizio
se si ragiona in termini di pura qualità: le immagini scattate in
modalità panorama hanno la medesima risoluzione delle immagini complete
sul lato lungo, ma non su quello corto, laddove è circa dimezzata.
L'aspetto positivo è il consumo di memoria, con conseguente peso
dell'immagine sulla Memory Card: il fatto di usare solo una parte del
CCD, ovvero l'essere dotata di un minor numero di pixel rispetto alla
foto completa, rende l'immagine panoramica meno definita ma anche più
leggera, con importanti e positive - conseguenze sul numero massimo di
foto che possono risiedere nella carta di memoria installata.
|
Capitolo 3 - Come fare
fotografie migliori |
|
La migliore inquadratura, alla
base di tutto |
|
|
Per ottenere una foto interessante, una
corretta inquadratura è assolutamente indispensabile. E il
soggetto, se possibile, non posizionatelo al centro ma
leggermente spostato. In questo modo diventa più attraente... |
La fotografia è una forma darte, un modo per rappresentare in forma
tangibile una fetta di realtà. Ma affinchè una foto sia ben fatta,
susciti quindi interesse e anche emozioni, una buona inquadratura è
assolutamente indispensabile: si discute da anni e anni sui pregi di una
buona inquadratura e sui trucchi per realizzarla, ma alla fine la realtà
testimonia che non c'è una regola fissa, bensì una serie di piccoli
accorgimenti. L'obiettivo è comunque sempre lo stesso: equilibrio,
inteso come disposizione armoniosa, ordinata e affascinante degli
elementi che compongono il quadro visivo.
Il soggetto principale ha un compito di grande responsabilità, deve
colpire l'attenzione, e sta tutto alla bravura del fotografo far sì che
lo scopo venga raggiunto: innanzi tutto bisogna avvalersi della regola
dei terzi, ovvero posizionare il soggetto principale non al centro del
quadro ma leggermente defilato, più precisamente in prossimità del punto
dintersezione dei 9 rettangoli che compongono il quadro. Bisogna quindi
dividere sia il lato lungo che quello corto in tre parti, creando una
suddivisione virtuale in nove rettangoli: i punti dove questi si
incontrano rappresentano senza dubbio il migliore posizionamento del
soggetto principale. Il cervello umano tende infatti a concentrarsi su
soggetti posti in posizione leggermente decentrata: questo non significa
che l'inquadratura di un soggetto centrale sia sbagliata, ma
semplicemente che l'immagine sarà meno attraente e accattivante di
quanto potrebbe essere.
Stesso discorso per la disposizione dei soggetti: visto che il cervello
umano si concentra su una cosa alla volta, sistemare troppi soggetti
nella stessa foto rende l'immagine abbastanza confusa e priva
dinteresse. Meglio concentrarsi su poche cose, essenziali, nella
certezza che l'attenzione dello spettatore cada proprio su queste.
Molto importante è, inoltre, la scelta dello scatto orizzontale o
verticale, che dipende molto dal soggetto ritratto ma anche
dall'obiettivo che il fotografo persegue con quello scatto: l'immagine
orizzontale, che ricrea il campo visivo dell'occhio umano, dà un senso
di calma e di spazio aperto, mentre la ripresa verticale è più dinamica,
in alcune circostanze leggermente claustrofobica.
Poi, un po' di spazio ad alcuni interessanti accorgimenti: quando c'è
movimento, o uno sguardo del soggetto, è necessario lasciare spazio
libero proprio dalla parte verso cui questo si rivolge. Lo sguardo dello
spettatore tende a seguire il movimento suggerito dalla foto, ma se
questa è troncata lì vicino, il senso di incompiutezza è avvertibile.
Altro interessante accorgimento riguarda i primi piani: a parte il
consiglio di seguire sempre la regola dei terzi, si potrebbe anche
decidere di non far rientrare completamente il soggetto nel quadro, ma
di inquadrarne solo una parte in posizione decentrata. In questo modo si
dà maggiore attenzione ai particolari, soffermandosi esattamente su ciò
che il fotografo ha voluto porre in evidenza. Attenzione, infine, al
mirino: se si usa una fotocamera compatta, quindi non reflex, bisogna
stare molto attenti alle fotografie ravvicinate, nel cui caso è
praticamente obbligatorio inquadrare tramite monitor LCD. Il mirino
ottico, di tipo galileiano, causa dalla breve distanza un errore di
parallasse troppo evidente per poter essere trascurato.
|
I segreti della luce |
|
|
Il fotografo professionista sa bene che la
luce è uno dei fattori più importanti (se non il più importante)
da considerare quando si prepara uno scatto. Ma con qualche
piccolo accorgimento, anche chi è alle prime armi può sfruttarla
a proprio vantaggio... |
Luci e ombre, segreti di una buona fotografia. Affinchè l'immagine
scattata sia attraente, bella da vedere e interessante, è necessario che
la luce sia gestita al meglio, cioè è indispensabile che il fotografo
riesca a sfruttare a proprio vantaggio ogni tipo di illuminazione,
naturale o artificiale che sia. Ovviamente ci stiamo riferendo a un
fotografo appassionato, non al grande professionista che, entro certi
limiti, può ricreare in studio le migliori condizioni di luce per ogni
scatto: l'appassionato non ha la possibilità di creare la luce giusta,
ma può adoperarsi per sfruttare nel migliore dei modi ciò di cui
dispone, portandolo a proprio esclusivo vantaggio. Per comprendere
l'importanza della luce negli scatti fotografici, bisogna considerare
che spesso i professionisti trascorrono più tempo a preparare le luci
che per lo scatto vero e proprio, perchè dalle condizioni di
illuminazione del soggetto dipende larga parte della qualità del
risultato finale.
Per prima cosa bisogna considerare che la luce ha cinque
caratteristiche: direzione, colore, uniformità, contrasto e qualità,
dalle quali dipendono non solo il concetto generico di illuminazione, ma
anche di conseguenza le scelte del fotografo.
Come sfruttare al meglio la luce? Se questa è molto intensa e
concentrata in un solo punto, i chiaroscuri sono intensi e la
tridimensionalità marcata, ma si rischia anche di bruciare qualche
dettaglio, magari visibile a occhio nudo ma cancellato in fotografia. Al
contrario, la luce soffusa non crea problemi di bruciature o taglio di
dettagli, ma genera un'immagine piuttosto piatta e non troppo attraente.
Altra cosa importante da considerare è la direzione della luce,
spostando il soggetto o spostandosi per ottenere i risultati migliori.
La luce laterale esalta la tridimensionalità del soggetto, mentre quella
frontale l'appiattisce: l'esempio evidente è quello del flash. Se la
luce proviene da dietro il soggetto (controluce), l'effetto è quello di
esasperare i contorni tagliando larga parte del dettaglio, mentre la
luce dal basso (caso piuttosto infrequente) crea una situazione che
molti fotografi definiscono drammatica, sicuramente innaturale ma anche
affascinante, ideale per uno scatto artistico. Poi, per giocare bene con
la luce bisogna considerare almeno altri due fattori: innanzi tutto che
l'occhio umano è più sensibile di una macchina fotografica, per cui
riesce a scorgere dettagli che questa potrebbe azzerare, ma anche che
l'uniformità della luce è direttamente proporzionale alla sua distanza
dal soggetto inquadrato. Per quanto riguarda il primo punto, il
suggerimento è quello di evitare contrasti troppo forti, magari
allontanando il soggetto dalla fonte luminosa, mentre la seconda regola
insegna che per avere foto uniformi è più che consigliabile scattare
alla luce del sole. Poi, un altro paio di consigli: evitate di mettere
la vostra ombra nella foto che scattate e fate molta attenzione ai
controluce; possono essere molto attraenti e particolarmente artistici,
ma solo se c'è un soggetto riconoscibile e compatto. In tutti gli altri
casi, il rischio dell'effetto macchia è assolutamente fondato.
|
Le leggi dell'esposizione |
|
|
Affinchè lo scatto sia perfetto, quanto meno
in relazione alle intenzioni del fotografo, il tempo di
esposizione e l'apertura del diaframma assumono importanza
centrale. Nell'immagine, un tipico effetto da soggetto fermo e
fondo in movimento che si ottiene impostando correttamente il
tempo di posa e l'apertura del diaframma. |
Un buon fotografo, o un appassionato esigente, deve essere in grado di
regolare autonomamente i più importanti parametri di scatto. Tra questi,
i due principali sono il tempo di posa (o di esposizione) e l'apertura
del diaframma, congiuntamente responsabili della quantità di luce che,
transitando lungo l'ottica della macchina, giunge sul sensore. Il tempo
di posa è un concetto definibile in modo piuttosto semplice: è la
quantità di tempo durante il quale l'otturatore rimane aperto, facendo
transitare la luce dall'esterno fino al CCD. E' ovvio che più rimane
aperto l'otturatore, più luce passa, più la fotografia risulterà chiara.
Per ottenere l'esposizione corretta, evitando quindi i fenomeni della
sottoesposizione e della sovraesposizione, ci si può sempre affidare
agli automatismi della fotocamera (program), ma l'utente più evoluto
potrebbe ritenerli non soddisfacenti oppure, caso più frequente,
potrebbe volere un'esposizione scorretta per particolari effetti
artistici. Bisogna infatti ricordare che in ogni situazione di
illuminazione non esiste una ed una sola impostazione dei parametri di
scatto: se è vero che dal tempo di esposizione e dall'apertura del
diaframma dipendono la luminosità dell'immagine, la tridimensionalità,
l'effetto mosso e la profondità di campo, sta ovviamente alla
sensibilità del fotografo trovare una combinazione adeguata, ma
soprattutto una che determini il risultato voluto anche se questo si
discosta dai canoni di perfezione e naturalezza imposti dagli
automatismi della macchina.
Nella scelta del tempo di posa bisogna ovviamente considerare le
condizioni di luce in cui avviene lo scatto: di notte sono consigliabili
tempi lunghi, di giorno bisogna impostare tempi brevi per evitare una
sovraesposizione con conseguente effetto bruciato. Da notare, inoltre,
che tempi lunghi aumentano la possibilità di effetto mosso, che in
alcuni casi è un difetto bello e buono, in altri un effetto voluto.
L'apertura del diaframma è un altro parametro cruciale sotto questo
profilo: esso modula la larghezza del foro del diaframma e incide
anch'esso sulla quantità di luce che tocca il CCD. Ma la sua apertura
non incide solo sull'esposizione, bensì anche sulla nitidezza e sulla
profondità di campo: è un effetto molto simile a quello dell'occhio
umano, per cui più il diaframma è chiuso è maggiore è la nitidezza
complessiva, mentre un diaframma più aperto rende nitido solo il piano
di messa a fuoco. Ovviamente ciò influenza direttamente la profondità di
campo, maggiore quando sono a fuoco sia il soggetto in primo piano che
lo sfondo, ovvero quando il diaframma è solo moderatamente aperto.
|
Come usare ottiche e focali |
|
|
L'ottica è un componente essenziale della
fotocamera digitale, da cui dipende larga parte della qualità
dello scatto. Le macchine migliori supportano ottiche
intercambiabili. |
Insieme al CCD, l'ottica è il cuore pulsante di ogni fotocamera, chimica
o digitale che sia. Per questo motivo un CCD particolarmente evoluto,
magari uno da milioni e milioni di pixel, non può determinare risultati
apprezzabili se non è supportato da un gruppo ottico all'altezza della
situazione. Nelle macchine consumer, specialmente quelle compatte,
bisogna prestare particolare attenzione alla qualità dell'ottica, visto
che non è possibile sostituirla, mentre i modelli di livello superiore,
generalmente le reflex di livello prosumer e professionale, supportano
ottiche intercambiabili per assecondare le diverse esigenze del
fotografo. Il principale fattore che condiziona il gruppo ottico è
l'angolo di ripresa: ci sono gli obiettivi normali, quelli grandangolari
per riprese con campo visivo ampio e i teleobiettivi con elevate
capacità di ingrandimento. In ogni caso, l'angolo di ripresa è dato
dalla distanza focale (35 mm, 135 mm): più è basso questo valore, più
aumenta l'angolo di ripresa.
La stragrande maggioranza delle ottiche moderne sono zoom, cioè
permettono di ottenere eccezionali livelli di ingrandimento modificando
proprio la distanza focale: da discrete capacità grandangolari (35 mm),
le più recenti macchine compatte riescono a ottenere buoni fattori
d'ingrandimento senza sacrificare la qualità dimmagine, come invece
accade con gli zoom digitali. Per un corretto uso dell'ottica bisogna
considerare che i grandangoli (focali sotto i 35 mm) ben si prestano
alla ripresa di vasti paesaggi, monumenti, orizzonti e ambienti
domestici, ma tutto da una certa distanza. Inoltre, al di sotto di una
certa focale si ottiene una vera e propria distorsione dell'immagine sui
lati, mentre è del tutto sconsigliato l'utilizzo del grandangolo per i
ritratti.
Discorso analogo, ma ovviamente di segno opposto, per i teleobiettivi:
il grosso vantaggio è quello di riuscire a riprendere soggetti a grande
distanza, ma con l'ovvia conseguenza di restringere progressivamente il
campo visivo e quindi l'angolo di ripresa. Inoltre, il teleobiettivo
schiaccia i piani, ovvero avvicina sensibilmente il primo piano ai
fondali, mentre il grandangolo offre l'effetto esattamente opposto. La
differenza in termini di prospettiva è enorme: da un soggetto immerso in
un ambiente ambio e spazioso, del quale egli non è che una piccola
parte, si passa a immagini in cui il soggetto a fuoco è immerso in un
fondale ristretto e sfocato, molto vicino, talvolta quasi opprimente.
Tutto sta, come sempre, alle scelte artistiche del fotografo
|
I ritratti, anima delle
persone |
|
|
Se il ritratto viene bene, è una delle
fotografie più belle in assoluto. Ma attenzione a una cosa: a
meno che non si stia fotografando un attore professionista, le
foto più belle sono quelle spontanee, magari scattate a una
certa distanza dal soggetto. |
Su una cosa non ci sono dubbi: i ritratti sono tra le fotografie più
belle in assoluto, sono il ricordo di momenti e persone care, sono
piccole opere darte a portata di click. Ma come fare a ottenere immagini
attraenti, equilibrate, dai colori vivi e intensi e con buoni ma non
eccessivi contrasti? Ovviamente stiamo parlando di fotografia
amatoriale: bisogna usare la luce che c'è e accontentarsi dell'ambiente
in cui ci si trova, ma ciò nonostante alcuni accorgimenti possono
produrre risultati brillanti. Innanzi tutto è molto meglio una
fotografia spontanea di una posata, visto che il soggetto difficilmente
è un attore professionista e risulterebbe quasi certamente innaturale,
ma è anche del tutto inutile soffermarsi sul panorama, sullo sfondo
perdendo di vista le cose importanti, soprattutto occhi e viso. Sempre
sotto questo profilo, bisogna fare attenzione a non mescolare soggetto e
sfondo e a non scattare quando il soggetto ha gli occhi chiusi (basta un
semplice trucco, scattare subito dopo il battito delle ciglia): ideale è
usare un teleobiettivo, che permette la ripresa a distanza con
conseguente posa spontanea, mentre bisogna usare con assoluta parsimonia
il flash, che appiattisce i soggetti. Poi, un'ulteriore considerazione:
il fotografo ritrattista deve preferire diaframmi aperti, che permettono
tempi di esposizione più brevi ed evitano di conseguenza lo
sgradevolissimo (almeno in questo caso) effetto mosso.
|
Come fare buoni panorami |
|
|
I panorami, soprattutto quelli notturni,
sono tra le fotografie più belle in assoluto. Attenzione però a
impostare tempi lunghi di posa e a disattivare il flash, del
tutto inutile allo scopo. |
E' vero che fotografare una persona scolpisce momenti importanti di vita
e rende immortale il ricordo, ma non bisogna sottovalutare l'importanza
e il fascino dei panorami. Rispetto ai ritratti hanno un minor valore
affettivo, ma sono comunque in grado di immortalare esperienze
indimenticabili e paesaggi affascinanti, trasformandoli in tante piccole
opere darte. La cosa curiosa è che fotografare un panorama è tutt'altro
che difficile, ma se si vogliono raggiungere risultati di elevata
caratura artistica, un po' di pratica e un corretto setup della macchina
sono indispensabili. Per prima cosa, attenti all'inquadratura: il
soggetto non si muove, ma la decisione di cosa far rientrare e cosa
togliere dal quadro spetta al fotografo. Allora si ricordi la regola dei
terzi: è meglio posizionare il soggetto principale in posizione
leggermente decentrata, concentrandosi sui soggetti secondari. Poi è
necessario regolare correttamente la lunghezza focale: meglio ovviamente
un'ottica grandangolare, ma anche un teleobiettivo può essere utile in
certe occasioni (come un tramonto in città) soprattutto per la sua
naturale capacità di schiacciare i piani.
Se l'obiettivo del fotografo e quello di ottenere tutto e subito, si può
far affidamento su un programma automatico presente nella stragrande
maggioranza delle fotocamere e chiamato, appunto, panorama: ma l'utente
esperto preferisce l'impostazione manuale, generalmente con tempi di
posa lunghi e diaframmi chiusi per la massima nitidezza. D'altro canto
il soggetto non si muove e le impostazioni possono essere modificate
manualmente con estrema calma.
Splendidi, poi, sono i panorami notturni, tra l'altro semplici da
realizzare: le uniche due accortezze sono di disinserire il flash (che
illumina solo a breve distanza) e impostare tempi di posa lunghi,
necessari a catturare più luce possibile. L'effetto mosso è dietro
l'angolo, per cui si consiglia l'utilizzo di un cavalletto.
Ma se parliamo di scatti alla luce del sole, quali sono le ore migliori?
Nonostante sembri una contraddizione, le ore centrali del giorno sono
sconsigliate: la luce intensa del sole potrebbe causare contrasti troppo
forti e tagliare dettagli sulle basse luci, generando un risultato
abbastanza approssimativo. Meglio, molto meglio, sfruttare la luce
dell'alba o del tramonto.
|
Fotorestauro, nuova vita ai
ricordi |
|
|
Uno scanner di buona qualità, un bel
programma di fotoritocco e un tocco artistico sono sufficienti a
ridare nuova vita ai ricordi del passato. Anche a quelli più
lontani... |
Chi non ha in casa fotografie risalenti a un'epoca lontana, magari
intaccate dal tempo trascorso e da una gestione tutt'altro che
impeccabile? Bene, fino a ieri riportarle a nuova vita era un'operazione
esclusiva di affermati professionisti, oggi tutti ce la possono fare:
bastano un po' di pratica e i software giusti per preservare la memoria
di un tempo lontano e metterla al riparo dagli effetti del tempo.
I difetti delle fotografie datate sono diversi: innanzi tutto il
degradamento dell'emulsione che determina un immediato appiattimento dei
piani e una riduzione della tridimensionalità. Poi ci sono tutti i
possibili difetti fisici conseguenza diretta di una cattiva
conservazione: da piccoli puntini bianchi ad avvertibili graffi fino a
solchi profondi che intaccano non solo la qualità della foto, ma anche
il ricordo ad essa connesso. Eppure, riparare questi difetti non è così
difficile: per prima cosa bisogna fare una scansione di ottima qualità
dell'originale, meglio se a colori anche con originali in bianco e nero
(le foto vecchie hanno componenti cromatiche che è giusto preservare per
dare l'idea di vissuto). Poi l'immagine digitale che ne deriva deve
essere sottoposta a un preciso trattamento mediante un programma di
fotoritocco: per far sì che il ripristino dei contrasti sia semplice e
immediato, il programma solitamente dispone di filtri ad hoc (come la
maschera di contrasto), mentre si richiede maggiore pratica per
l'eliminazione dei difetti fisici. In questo caso la soluzione migliore
è quella del timbro clone, che permette appunto di clonare e sovrapporre
parti dell'immagine sana sulle porzioni rovinate. Il recupero di stampe
graffiate, o addirittura strappate, è veramente alla portata di tutti:
il lavoro è corposo, ma il risultato può essere proprio brillante.
|
Fotoritocco e fotomontaggio,
nessun limite alla fantasia |
|
|
Al giorno d'oggi, il fotomontaggio è alla
portata di tutti, basta un po' di esperienza, fantasia e gli
strumenti giusti. I risultati possono essere... rivoluzionari. |
Se è vero che con un po' di esperienza le competenze fotografiche
migliorano, è anche possibile che, nonostante gli sforzi, la foto non
venga come si vuole. Un po' per inesperienza, un po' per mancanza delle
condizioni necessarie: il motivo poco importa, visto che è sempre
possibile ottenere il risultato in un secondo momento usando un
programma di fotoritocco. Visto che l'immagine è digitale all'origine,
non c'è bisogno di alcuna scansione: basta trasferire il file dalla
macchina al PC e avviare il programma di fotoritocco per essere
trasportati direttamente nel magico mondo della post produzione
digitale.
Oggi, con un programma del genere si può fare veramente di tutto: per
prima cosa le operazioni più semplici, ovvero un aumento di contrasto,
luminosità o l'eliminazione di qualche fastidiosa dominante cromatica,
ma anche lavori ben più complessi che rappresentano un vero e proprio
fotomontaggio. Certo, perchè i più recenti programmi ad hoc soprattutto
quelli di livello professionale, come Adobe Photoshop -, danno al
fotografo la massima libertà operativa: dopo aver regolato i parametri
dimmagine per renderla proprio come il fotografo la voleva, si può
procedere allapposizione di filtri particolari, volti a dare un
ulteriore tocco artistico alla fotografia. Si possono aggiungere punti
luce, schiarire solo una parte dimmagine, creare ombre inesistenti nella
realtà e intervenire modificando manualmente ogni particolare, ogni
dettaglio. Si possono eliminare le rughe dal viso delle persone,
aggiungere dettagli che non cerano, addirittura estrapolare i soggetti e
inserirli in ambienti nuovi e assolutamente suggestivi. Insomma, non ci
sono limiti, per quanto si debba comunque dire che le operazioni più
complesse richiedono parecchia pratica per essere portate a termine con
successo. Poi, bisogna dire che non tutti i programmi di fotoritocco
sono uguali: gli entry level sono ricchissimi di funzioni automatiche e
non richiedono alcuna competenza particolare per essere sfruttati al
massimo, ma ovviamente si fermano laddove le operazioni di fotomontaggio
assumono un carattere chiaramente professionale. Per questi scopi,
bisogna rivolgersi a un programma di livello superiore, generalmente
costoso ma perfetto per le esigenze dei fotografi professionisti.
L'unico limite è la fantasia
MediaWorld
|